Albano Sant’Alessandro

Blasonatura

Partito: il PRIMO di giallo (d’oro) alla stella d’argento di sei punte; il SECONDO di rosso all’effigie di Sant’Alessandro in armatura d’oro.

(DPR 5/9/1963, CONCESSIONE)

 


Note

Prima di giungere alla definitiva approvazione dello stemma di Albano Sant’Alessandro, il comune dovette seguire un iter lungo della durata di circa vent’anni.

Tutto iniziò attorno agli inizi degli anni Quaranta del secolo scorso, quando per la prima volta venne dato incarico allo studio Araldico di Genova, ma le pratiche si interruppero poco dopo per colpa dei conflitti bellici. Nel successivo decennio, il 20 ottobre 1950 il sindaco fece rispettosa domanda al fine di poter la concessione dello stemma. Il progetto iniziale prevedeva che nello scudo comparisse una banda d’azzurro, cioè ad andamento obliquo dall’alto a destra al basso a sinistra, ondata, con delle sinuosità, a ricordo della roggia Borgogna, una ruota industriale e, infine, una stella, simbolo di ben augurio e delle frazioni del comune. Questo iniziale disegno non fu approvato per mancanza di una delibera consigliare. Un secondo diniego avvenne proprio dall’Ufficio Araldico della Presidenza del consiglio dei Ministri, chiedendo al comune di cercare prima negli archivi uno stemma più antico.

Soltanto il 6 ottobre 1962 furono definite con regolare delibera di consiglio comunale le caratteristiche araldiche dello stemma attuale. Lo smalto dei colori, d’oro (erroneamente definito giallo nel decreto di concessione) e di rosso alludono alle origini di romane del paese. Dal momento che la determinante del nome di Albano, aggiunto con regio decreto del 28 giugno 1968, richiama espressamente al santo patrono, fu naturale aggiungere anche l’effige del santo nella sua raffigurazione agiografica.

La stella a sei punte fu mantenuta a ricordo delle sei frazioni del paese.

Dal punto di vista strettamente araldico lo stemma è un partito, diviso in due da una linea verticale. La stella d’argento, tuttavia va contro le regole araldiche che vietano espressamente di sovrapporre due metalli, quali l’oro e l’argento. Bisognerebbe capire come mai sia sfuggito questo errore agli organi preposti, ma dopo tutte le disapprovazioni, forse era meglio accertarlo così com’era.

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